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Molière: la recita di Versailles secondo Paolo Rossi


Paolo Rossi e Molière: teatro nel teatro

di Paolo Rossi e Giampiero Solari

su canovaccio di Stefano Massini

regia Giampiero Solari

scene e costumi Elisabetta Gabbioneta

luci Gigi Saccomandi

con Paolo Rossi, Lucia Vasini, Fulvio Falzarano, Mario Sala, Emanuele Dell’Aquila, Alex Orciari,

Stefano Bembi, Mariaberta Blasko, Riccardo Zini,  Karoline Comarella, Paolo Grossi

canzoni originali Gianmaria Testa

musiche eseguite dal vivo I Virtuosi del Carso

TEATRO BELLINI

 

Buona la prima. La commedia Molière: la recita di Versailles, una produzione del Teatro Stabile di Bolzano, vista Mercoledì al Bellini, è leggera ma intelligente, colta e sbragata, improvvisata ed attentamente scritta.  Pezzi di Molière e barzellette di Don Gallo. Caleidoscopica, mischia allegria volgare e satiresca, a momenti di disvelamento, e musica, la maschera, l’attore e la biografia. Doppio di Paolo Rossi senza che Paolo Rossi abbia mai avuto il suo Luigi, Re Sole, Molierè è messo sia in scena ma soprattutto è pensato nel suo fuori scena.  Vorrebbero sembrare saltinbanchi, ed invece sono una serissima compagnia.  Anche se un vero testo drammaturgico di fondo non c’è, e quindi tra trovate ed incoerenze (qualche problema tecnico poi ha contribuito a creare ancora di più il dubbio tra realtà e funzione ed ha aumentato il tasso di improvvisazione).   Paolo Rossi e Giampiero Solari teorizzano la coesistenza sul palco dell’attore, colui che conosce il mestiere, dei personaggi che evoca e interpreta, e della persona stessa. Difficile comunque far interagire la creatività di Stefano Massini, uno degli autori italiani più apprezzati e rappresentati anche all’estero, la verve del capocomico per eccellenza Paolo Rossi e l’esperienza scenica e visiva di un regista del calibro di Giampiero Solari nella riscrittura dell’Improvvisazione di Versailles, testo creato da Molière nel 1663.
In Molière: la recita di Versailles si vede in scena Paolo Rossi nella vesti di Molière e Paolo Rossi capocomico che interpreta sé stesso intento a capitanare la sua compagnia. Il gioco di rimandi e parallelismi è continuo e profondo. Il guitto Rossi, canta, balla, recita o semplicemente parla o interpreta se stesso.  Il rapporto tra l’uomo Molière e le sue opere era strettissimo, proprio come accade in questa nuova commedia che vuol essere un anarchico viaggio nel tempo intessuto da folgoranti estratti da almeno tre dei capolavori di Molière come Il Misantropo, Il TartufoIl Malato immaginario, per l’occasione tradotti e adattati dal drammaturgo Stefano Massini.In scena però, questi grandi capolavori di Molière non verranno attualizzati, ma vissuti dalla compagnia di oggi in un continuo gioco di specchi temporali con quella di fine Seicento.  «Molière mi attira perché subisco il fascino di quell’epoca; da capocomico, mi sento vicino a lui, ai suoi problemi, sia nella vita sia nella gestione della quotidianità del teatro» sostiene Rossi «mi attira perché è trasgressivo e innovatore, ma con ampio sguardo verso la tradizione».
Nell’Improvvisazione di Versailles, Molière metteva in scena sé stesso con l’intento di fondare la nuova commedia di carattere e di costume. La continua ricerca di una nuova cifra stilistica che rendeva ogni spettacolo di Molière un manifesto per una recitazione più naturalistica e al passo con i tempi, ci porta direttamente ai nostri giorni, come recita un passo dello spettacolo «Oggi recitano tutti, i commercialisti, i dottori, i politici. Quelli che recitano peggio sono gli attori, se continuano a recitare alle vecchia maniera». In pratica visto che lo spettacolo è creato e ricreato ogni sera dall’estro di Paolo Rossi e di un’agguerrita compagine di attori, compagnia composta da attori e musicisti, come Lucia Vasini, Fulvio Falzarano, Mario Sala, Emanuele Dell’Aquila, Alex Orciari, Stefano Bembi, Mariaberta Blasko, Riccardo Zini, Karoline Comarella, possiamo parlare dell’evento unico o serata a cui abbiamo assistito noi, sperando che la sperimentazione di Rossi continui a far ridere, pensare o semplicemente ad essere “divertente-mente” malinconica e produttivamente fallimentare, insomma com’è sempre il teatro comico.

 

MICHELE INFANTE