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Comunicare le norme o normatività della comunicazione?


Comunicare le norme o normatività della comunicazione?
Il diritto come sistema comunicativo e di interazione

di Michele Infante

“Il diritto non ha origine dalla penna del legislatore”  Niklas Luhmann

 

Il diritto come sistema comunicativo e di interazione

Il diritto è un sistema di norme enunciate sotto forma di messaggi, diffusi verso uditori di varia natura ed ampiezza. Cercheremo ora di analizzare la natura di questi messaggi e successivamente come avviene questa diffusione e quali effetti essa generi sul pubblico.
Sia nelle società che attraverso processi legislativi producono diritto statuito, sia nelle società che adottano un diritto più consuetudinario, che ha una propria valenza nella sua storicità e nel susseguirsi delle generazioni, i messaggi giuridici non incontrano una tabula rasa. Se la cultura pre-esiste ad ogni atto di comunicazione, e come già abbiamo visto nel I capitolo, gioca un ruolo determinante nel fissare i parametri di ricezione degli stessi messaggi, è anche vero che è essa stessa una rete interconnessa in cui i messaggi vengono filtrati, riflessi, interpretati.
Se i mezzi di comunicazione generalizzati simbolicamente (symbolish generalisierte Kommunikationsmedien) sono strutture che hanno il compito di assicurare probabilità di successo alla comunicazione, se come abbiamo visto nel II capitolo, essi devono rendere probabile il fatto che un’improbabile e causale selezione di Alter venga accettata da Ego, possiamo far rientrare tra tali mezzi anche il diritto, oltre naturalmente ai sistemi mediali della comunicazione: la verità scientifica, il denaro, la proprietà, l’amore, l’arte, i valori. Vediamo perché il diritto è una generalizzazione simbolica e cosa dobbiamo intendere per interazione in ambito giuridico. Poniamo Alter (come il sistema giuridico) Ego (come i soggetti che sono sottoposti alla sua produzione di comunicazione). E’ fin troppo evidente che la cultura giuridica di una popolazione si intreccia e si basa su un sentimento morale ed un mondo dei valori, con cui frequentemente addirittura si confonde. Fenomeni propri dell’ambito comunicativo, come emulazione, imitazione, opposizione, proposti dai media, sull’onda di un grave evento prodottosi nella società, creano una situazione emotiva che influenza il diritto, come d’altro canto il diritto con i suoi messaggi giuridici spesso interviene sullo stesso sistema di valori e comportamenti e sulla stessa sensibilità della psiche umana. Le norme giuridiche entrate nel sistema comunicativo, possono produrre anche rilevanti mutamenti di opinioni, far cambiare atteggiamenti, e percezione dei fenomeni sociali.
Vi sono o possiamo distinguere dei veri e propri media della comunicazione giuridica ? L’attitudine dei media a influenzare le opinioni e spesso a modificarle se non addirittura a crearle, possono modificare le capacità di comprensione delle norme e la loro capacità di prevedere gli atteggiamenti dei soggetti a cui esse stesse si indirizzano?
I media del diritto, ovviamente non sono solo i mass media, ma per lo più una classe di operatori del diritto, avvocati, notai, giuristi, e anche accademici stessi, che oltre a mediare, nel senso di porsi in una posizione mediana tra la legge e la sua applicazione, si pongono spesso il compito di informare, spiegare le norme, di fungere, in altre parole da quelli che i media stessi definiscono “opinionisti”. Essi più che dei divulgatori sono dei traduttori linguistici, dei giurisperiti che in qualità di interpreti e tutori di una cultura giuridica che assume il valore di un linguaggio (inutile ricordare che la comunicazione ed il diritto presentano entrambi un altissimo grado di convenzionalità e di auto-riflessività). Come scrive Geiger: «nel processo di comunicazione, le strutture sorgono, in un primo tempo, per il fatto che si muove da assunzioni comuni – e quindi non perché vi è una consapevole comunicazione di senso.[…] la loro prestazione riduttiva risposa innanzitutto sulla messa in ombra di alternative» . Geiger osserverà pertanto che è errato definire il concetto di norma ricorrendo al concetto, ritenuto fondamentale di imperativo. Solo sotto presupposti complessi, indicabili con maggiore precisione diventa possibile creare delle strutture normative, servendosi in parte di comandi. Il diritto ha una propria lessicografia , una propria semantica e pragmatica che richiede una specifica capacità ermeneutica ed interpretativa. I mediatori di primo livello, che si possono anche considerare dei media di primo livello, ovviamente non sono i soli ad operare. Media più nascosti o meglio dire diffusi, tendono ad essere tutte le istituzioni sociali a diversi livelli. Scuola e famiglia innanzitutto, sono i media che assicurano la comunicazione delle norme, la loro interpretazione e la loro applicazione/devianza. I comportamenti, i valori, le norme vivono nell’humus sociale secondo differenti prospettive.
La comunicazione giuridica avviene a distanza e si riferisce a soggetti non presenti e soprattutto come ogni processo di comunicazione si collega a sviluppi futuri ignoti. Il rifiuto è un’eventualità improbabile o poco probabile. Come i mezzi di comunicazione di massa si muovono su un principio di inclusione/esclusione anche il diritto ha l’obbiettivo di estendere il proprio ambito di dominio, di ingerenza all’intera società, o comunque al maggior numero di individui.

3.1.1. Fiducia, rischio e teoria dell’informazione

Uno dei problemi e delle sfide teoriche più importanti di Luhmann, nasce da alcune considerazioni sulla condizione della tarda modernità, o per citare Jean François Lyotard, della post-modernità che Luhmann elabora già dal 1968 «il mondo si è frammentizzato in una complessità ormai incontrollabile, al punto che in un qualsiasi momento dato gli uomini possono scegliere liberamente fra un gruppo di azioni differenti » . Partendo da questa considerazione Luhmann, ancora giovane, già inizia ad elaborare un concetto fondamentale della sua teoria, il concetto di fiducia. Per Luhmann, la fiducia serve a ridurre la complessità del mondo (Welt) in relazione all’attore sociale che è comunque chiamato ad agire, esperire, prendere decisioni.
Egli scrive: «ci imbattiamo in una situazione di fiducia solo nel caso in cui l’aspettativa fiduciosa fa la differenza nel contesto di una decisione». Ovviamente il correlato sociale della fiducia è il rischio. Un esempio di riduzione della complessità tramite fiducia ad esempio acquista significato in una struttura sociale organizzata.
In questo momento della nostra trattazione e della nostra ricerca, vogliamo però mettere in evidenza il rapporto tra fiducia, rischio e teoria dell’informazione . Prendiamo in considerazione cosa dice Luhmann a proposito della fiducia. Egli scrive, «la fiducia si fonda su di un’illusione» e poi aggiunge ancora «nella realtà dei fatti noi abbiamo a disposizione una quantità di informazioni minore di quelle che sarebbero necessarie per avere garanzia di portare a compimento un’azione con successo. Chi è chiamato ad agire supererà di buon grado questi deficit di informazione». Due sono i principali meccanismi con cui supera il deficit informazionale nel momento di prendere decisioni , entrambi ripresi dalla teoria classica della cibernetica:
1. dislocare gli aspetti problematici dall’esterno all’interno
2. occuparsi di essi attraverso gli strumenti interni di apprendimento e di controllo simbolico

Il sistema interpreta la complessità del mondo in modo selettivo, come abbiamo già avuto modo di spiegare, fornendo più informazioni di quante ne sia in possesso (ridondanza dell’informazione) e riducendo la complessità esterna del mondo ad una estensione, rispetto alla quale esso può orientarsi in modo significativo. In tal modo il sistema può successivamente strutturare le possibilità della propria esperienza e del proprio comportamento, in virtù di «un accordo intersoggettivo» che porti quindi a forme di conoscenza garantite a livello sociale tramite accordi e come tali vissute. «Il sistema sostituisce informazioni esterne con informazioni interne, o con quelle premesse da lui apprese nell’elaborazione delle proprie esperienze in grado di costruire strutture» . Le sostituzioni di questo tipo, si basano su un processo di fiducia. Le strutture dell’ambiente si rivelano, in tal senso determinanti per poter stabilire se e quale forma di fiducia accordare e se questa si può ritenere una scelta felice. Se chi ha fiducia cerca nell’immagine soggettiva che ha del mondo, dei punti di appoggio oggettivi, egli cerca anche delle informazioni che gli permettono di poter giustificare tale fiducia.
La fiducia, indica, una sovrabbondanza, uno «scoperto» , e quindi essa si fonda sul fatto che chi si fida già preventivamente si sia informato; per quanto inaffidabili, lacunose, inutili o parziali siano le informazioni della struttura sociale che dà valore di verità alla fiducia. Questo «scoperto» rappresenta il rischio, chi è chiamato a fidarsi è chiamato a gestire l’incertezza, anzi ad avviarsi sulla strada dell’incertezza. Rimane però da spiegare i fattori dell’accordare o no fiducia ad un altro attore sociale. Certo, la risposta più ovvia, sarebbe che dipende dall’aver familiarità e dal conoscere i comportamenti dell’altro, ma se vale per i rapporti prossimi, non vale certo per i rapporti con persone e sono la maggior parte, che non si conosce abbastanza.
Luhmann allora si concentra sugli aspetti motivazionali. Quali motivazioni Alter deve accordare ad Ego per poter accordargli fiducia? E soprattutto su quali prospettive di successo o di insuccesso può fare affidamento?
Il problema della fiducia si colloca a ragion veduta quindi, alla base dell’accordo legale tra parti, come scrive lo stesso Luhmann: «un accordo legale che garantisca maggiore sicurezza a particolari aspettative e che preveda sanzioni, costituisce un fondamento indispensabile per qualsiasi considerazione a lungo termine di questo tipo, riducendo il rischio insito nell’accordare fiducia».
Molto più complesso e per certi aspetti diverso risulta invece, essere il rapporto di fiducia tra gli spettatori ed i mass media, che affronteremo nel prossimo capitolo. La natura specifica di tale rapporto, «non ci si fida mai dei media e dei loro resoconti, anche se si dipende da loro per la conoscenza del mondo socialmente rilevante: la competenza comunicativa moderna non potrebbe limitarsi alle conoscenze acquisite per percezione diretta o nell’interazione tra presenti. Pur diffidando, bisogna leggere e guardare la televisione» , bisogna riconosce ai media un rapporto di fiducia che prescinde dalla prospettiva di successo, bisogna prescindere dal fatto che sia vero quello che essi mettono in scena. La fiducia nei media sembra prescindere dai contenuti e dai fatti presentati, essa è più simile alla fiducia che si può avere per un qualcosa che si dà come dato, come fatto, come oggetto presente nella sfera del sociale, proprio perché ci sono i fatti raccontati dai media, al di là di come essi sono manipolati, il pubblico è disposto ad accordare udienza anche in mancanza di fiducia. In realtà, potremmo dire, che con i media il pubblico si auto-attribuisce la fiducia di poter aver fiducia nella propria elaborazione, della propria interpretazione del dato mediale, e della propria critica della realtà mediata. Per ritornare al discorso giuridico, Luhmann nella sua introduzione alla Sociologia del diritto, egli scrive che «analogamente al sapere, il diritto è un fenomeno sociale da cui non si può prescindere e che permea tutto» ; ora proviamo a vedere il parallelismo tra la comunicazione ed il diritto . Il diritto modella «la convivenza umana», è un «fenomeno sociale», da esso non si può «prescindere» e «pernia tutto». Posizioni “giuridicocentrica” o più semplicemente la proposta di una riflessione seria su un aspetto importante dell’organizzazione sociale? Se possiamo rintracciare l’interesse sociologico giuridico, già negli studi di Marx, Maine, Durkheim, è anche vero che vi è un certo scarso di profondità tra questi ed il Max Weber di Rechtssociologie.
Interessante per un’analisi del rischio è anche lo studio di Alberto Marinelli . In esso la categoria del rischio e la sua analisi concettuale è declinata attraverso le principali categorie teoriche del lessico del Nostro. Rischio-complessità, rischio-normatività, rischio-contingenza, rischio-decisione, rischio-possibilità.
Ma essenzialmente sono i due principi di base o fondamentali dell’attività dei sistemi che soggiacciono a questi diversi accoppiamenti, i principi di senso e aspettative .
Nell’analitica del rischio la costruzione e ricostruzione teorica di Alberto Marinelli, operativizza la teoria alla luce di una riflessione sull’osservatore che è chiamato a operare una selezione all’interno della categoria dicotomica sicurezza/rischio , ma diversa appare la percezione del rischio per un osservatore di primo ordine, ed uno di secondo ordine. Inoltre, il concetto di rischio si lega a quello di pericolo, dando vita ad una nuova distinzione . Avremo poi modo successivamente di tornare su tali principi e categorie.

3.1.2 Relazione tra sistema giuridico e sistema mediale in relazione all’ evoluzione sociale e alla generalizzazione delle aspettative

Le implicazioni della teoria dei sistemi e del conseguente presupposto, per cui un uomo-individuo è un sistema psichico, mettono in crisi e segnano un cambiamento di scenario nella concezione teorica del diritto. Se la vecchia tradizione europea della filosofia della società e del diritto che parlava della società come “corpo sociale”, sottolineando il fatto che essa consistesse di uomini, prendeva in considerazione quale ambiente della società, a prescindere della natura non umana, solo altre società, vale a dire le organizzazioni sociali composte da altri uomini, la nuova prospettiva sistemica, abbandona questa concezione teorica, per la quale «l’uomo trova la sua libertà e il suo valore, la sua fortuna e il suo diritto quale parte vivente della società vivente» , sostenendo invece, che come sistema strutturato di azioni riferite le une alle altre in modo dotato di senso, il sistema sociale non comprende, ma esclude l’uomo concreto. L’uomo vive come organismo guidato da un sistema psichico» . Il rapporto sistema/ambiente che è alla base della teoria di Luhmann, applicato al rapporto uomo/società, ci dice che «uomo e società sono ambiente l’uno per l’altro», entrambi eccessivamente complessi e contingenti, entrambi strutturati in modo tale da poter nonostante la loro complessità continuare a sussistere. Le strutture ed i confini della società riducono la complessità ed assorbono la contingenza di ciò che allo stesso tempo si presenta nella doppia valenza di organico e psichico. Strutture e confini sono però al tempo stesso anche delle restrizioni e dei limiti che si impongono all’uomo stesso ed in tal modo assicurano che le possibilità di realizzare azioni degli uomini siano suscettibili di aspettative reciproche. La doppia natura del diritto e delle norme che allo stesso sono prodotte dall’uomo e imposte all’uomo, nella teoria della diritto di Luhmann, vengono a rompere il vecchio rapporto con il pensiero giusnaturalista occidentale e vetero-europeo . Per tali considerazioni, la giuridicità dei rapporti interumani, e quindi potremmo dire intersistemici, risulta piuttosto dai problemi di complessità e di contingenza che devono essere risolti perché possa aversi un’interazione, o addirittura una costituzione di senso.

Il diritto deve essere visto pertanto come una struttura che definisce i confini e i modi di selezione del sistema sociale. Il diritto non è affatto l’unica struttura della società; accanto ad esso occorre considerare anche strutture cognitive, mezzi di comunicazione, come ad esempio la verità o l’amore […] il diritto tuttavia è, come struttura, indispensabile poiché, senza una congruente generalizzazione delle aspettative normative di comportamento, gli uomini non possono orientarsi gli uni agli altri né possono aspettare le reciproche aspettative. Questa struttura, inoltre, deve essere istituzionalizzata sul piano della stessa società poiché solo in questa sede può essere costruita senza che vi sia bisogno di ulteriori presupposti e possono essere create quelle istituzioni che «addomesticano» l’ambiente per altri sistemi sociali. La struttura giuridica, pertanto, muta con l’evoluzione della complessità sociale .

Gli assunti di base di tale teoria del diritto, come si evince dal brano riportato, possono essere riassunti con la considerazione dei tre tipi di relazione tra questi e altri sistemi sociali.

• La relazione tra il diritto come struttura normativa ed i mezzi di comunicazione come strutture cognitive necessari per la differenziazione dei sistemi
• La relazione tra la struttura del diritto e la necessità di generalizzazione delle aspettative normative
• La relazione tra l’evoluzione sociale e quella del sistema normativo

Schema 3. Relazione tra sistema giuridico e sistema mediale in relazione all’ evoluzione sociale e alla generalizzazione delle aspettative

STRUTTURE NORMATIVE

STRUTTURE COGNITIVE

Nello schema proposto abbiamo visto come il sistema mediale oggi assolve al bisogno e alla necessità di generalizzazione delle aspettative normative che deve necessariamente accompagnare la produzione di leggi e di regolamenti, ma anche al contrario come le aspettative cognitive prodotte dal sistema sociale e interpretate dai media devono poi essere codificate e pianificate dal sistema giuridico. Vediamo ora nello specifico i processi che intervengono affinché dall’evoluzione sociale si giunga alla pianificazione normativa e del mutamento. Se la struttura giuridica muta con l’evoluzione della complessità sociale, essa sfugge ad una regolazione di causa effetto e quindi non rinvia più a cause morali, che interpretano il senso come «progresso», bensì il problema evolutivo riguarda strutture interne al sistema, che da uno stato di improbabilità «possono essere stabilizzate come conquiste evolutive» . Avremo così nuove strutture che anche avendo rischi e vantaggi elevati, divengono sostenibili. L’evoluzione presuppone quindi un’eccessiva produzione di possibilità che sarà poi sottoposta ad un processo di riduzione normativa . Questa produzione si presenta in una prima fase in modo causale per il sistema, poi sempre più dipendenti dalle sue strutture, e infine come oggi addirittura pianificabile . Eccesso di produzione, riduzione normativa, generatività causale, strutturazione e pianificazione normativa, si dispongono su due assi fondamentali, dei processi diacronici di evoluzione; mentre complessità e tempo segnano i confini che ne determinano di volta in volta i passaggi concettuali.

Schema 4. Modello dell’evoluzione normativa, processo di pianificazione normativa

asse della
complessità

La struttura serve allora a regolare le possibilità in eccesso e a mantenerle stabili e regolate. Se come abbiamo visto i sistemi continuamente inventano in modo più o meno casuale, ma sempre in vista del loro ambiente di riferimento, migliori soluzioni dei problemi che di volta in volta si trovano ad affrontare, essi sviluppano «forme di adattamento più elevate e più ricche di alternative nei confronti di una complessità eccessiva». Queste stesse forme comportano un aumento della complessità e della contingenza anche delle azioni interumane di cui la vita sociale (siano possibilità o pericoli) si arrichisce. Il mondo pertanto, offre all’uomo una quantità enorme di possibilità di esperienza e di azione, alla quale egli contrappone una limitata capacità di percepire e consapevolmente elaborare informazioni ed agire.
Il rapporto informazioni contingenza, riguarda da vicino il nocciolo del nostro studio e della ricerca che stiamo portando avanti, sul problema comunicativo. Scrive Luhmann: «con il termine contingenza intendiamo che le possibilità di ulteriore esperienza […] possono anche realizzarsi in modo diverso dalle attese; che, quindi, l’ informazione può trarre in inganno e rinviare a qualcosa che non c’è o che contrariamente alle aspettative, non può raggiungersi; oppure ancora che non c’è più allorché si siano prese tutte le misure necessarie per attualizzare l’esperienza (ad esempio allorché ci si sia recati sul posto). Complessità, quindi, significa praticamente pericolo di delusioni e necessità di correre dei rischi» . La capacità di elaborare informazione normativa e informazione sociale, viene convogliata nel processo di normazione, che è essenzialmente un processo di auto-comunicazione che il sistema sociale fa a se stesso in modo riflessivo allo scopo di generalizzare socialmente le aspettative degli attori sociali e loro strutture. Con la generalizzazione delle aspettative il sistema sociale cerca in un certo qual senso di bypassare la delusione delle aspettative della singola interazione deludente, di normalizzarla e di inserirla in un contesto di astrazione e prevedibilità, sottraendola all’aleatorietà dell’interazione tra due singoli attori sociali. Per tanto, possiamo giungere ad una prima definizione di norma che tiene presente le caratteristiche di tale problematica. «Le norme sono aspettative di comportamento stabilizzate in modo da resistere a variazioni della situazione di fatto. Il loro senso implica una validità incondizionata, in quanto la validità viene avvertita, e quindi anche istituzionalizzata, come indipendente dalla fattuale realizzazione, o mancata realizzazione, della norma» .
Possiamo per il momento concludere, quindi, che il problema delle norme si connette con quello delle loro comunicazione, e delle informazioni che il sistema elabora, ritorneremo poi su questo aspetto.

3.2 Evoluzione dei sistemi giuridici secondo l’approccio sistemico. Relazioni di complessità e contingenza.

Vediamo alla luce del nostro discorso e delle asserzioni a cui siamo finora giunti, la relazione tra la formazione del diritto, la contingenza e la complessità. Riprendendo i concetti ed i principi dei sistemi organici nella loro riproduzione , si può realizzare un parallelo con l’evoluzione del sistema sociale. Come possiamo vedere dallo schema che abbiamo elaborato sulla base di un lavoro di confronto tra i concetti di Luhmann e le teorie evoluzionistiche-biologiche.

Schema 5. Evoluzione di meccanismi complessi

Meccanismi di produzione di varietà

Meccanismi di selezione
di possibilità utilizzabili

Meccanismo di
conservazione e della
stabilizzazione di
possibilità

La lettura dello schema qui presentato dimostra come all’interno della cornice sistemico-organica si possono distinguere meccanismi estendibili anche alla formazione del sistema giuridico. Il motore del processo è l’eccessività della produzione che avviene nel campo normativo, a cui segue una istituzionalizzazione, che seleziona tra l’insieme delle possibilità proposte quelle che possono essere supposte o proposte per il consenso e l’analisi di terzi. Si intuisce come allora il problema si sposti sul fronte della complessità sociale. La distinzione tra una differenziazione segmentaria e una differenziazione funzionale è collegata al principio secondo il quale la società è articolata in sottosistemi. Se la differenziazione è squisitamente segmentarla, vengono istituiti sottosistemi più o meno uguali e/o analoghi, invece per quella funzionale i sottosistemi differenziandosi per il loro compito, si segmentano a loro volta in modo diverso . Queste due forme dell’organizzazione sociali sono sempre presenti, nelle società più articolate e complesse ovviamente la forma funzionale prevale, come si differenziano ad esempio i ruoli sociali in base all’età ed al sesso, nelle società industriali e capitaliste altamente sviluppate. Il secondo punto, le delimitazioni di procedimenti, cioè «di sistemi di interazione che vengono apprestati per selezionare decisioni giuridiche» , rientriamo nella sfera più squisitamente giuridica. Nello specifico concettuale, il diritto ha il problema di liberarsi dalla contingenza della vita quotidiana, della rappresentazione delle azioni concrete che si ha nel ricordo. Questo comporta lo sviluppo di un particolare ordinamento di comportamento che non dipenda più dall’azione del momento, ma che sia indipendente da essa e autonomo.
Corollario di ciò sono pure la creazione di particolari situazioni, particolari formule, rituali e simboli, oltre naturalmente a specifici luoghi, ed infine addirittura particolari norme e la loro formulazione e comunicazione. Per certi aspetti possiamo dire, allora seguendo il ragionamento di Luhmann, e quanto proposto dalla sua teorizzazione, che egli consideri il procedimento un vero e proprio sistema sociale istituito a breve termine e con una particolare funzione .
Quali sono le funzione dei procedimenti giuridici? E quali sono le loro caratteristiche proprie?
a. Un procedimento si ha naturalmente solo se sussiste un’incertezza relativa al suo esito, e questa stessa incertezza può essere risolta solo mediante un processo selettivo di decisione.
b. Esso deve distinguere tra ciò che è rilevante per il procedimento e quello che invece non è inerente al procedimento. In altre parole egli stabilisce il suo confine .
c. Il procedimento interagisce nei ruoli, essi vengono differenziati in fase di discussione e di dibattimento, e devono essere riattribuiti.
d. Infine, in alcuni particolari procedimenti, viene apprestato un potenziale di decisione a cui conseguentemente possono essere aspettate delle decisioni.

Luhmann scrive a proposito della decisione :

Eine Eintscheiding […] ist ein Paradox, das sich selbst nicht thematisieren, sondern allenfalls mystifizieren kann. Autorität, Dekoration, Begrenzung, des Zugangs zum Geheimnis, Texte, auf die man sich beziehen kann, Auftriff und Abtritt des Gerichts – all das tritt an den Plaz, an dem verhindert werden muss, dass das Paradox der Entcheindung als Paradox erscheint und damit verrät, dass die Voraussetzung, es könne mit Recht über Recht und Unrecht entschiden werden, ebenfalls eine Paradoxie ist und dass die Einheit des Systems überhaupt nur als Paradox beobachtet werden kann.

Ma ritorniamo al terzo meccanismo di gestione e mantenimento della complessità e che interessa il diritto per mezzo della stabilizzazione delle soluzione elaborate tramite i procedimenti, come la compagine di senso che deve essere soggetta a determinati mutamenti. La variabile dicotomica su cui tale procedimento si muove è proprio quella tra astratto e concreto, intesa in modo graduale. Il senso si dà come concreto proprio allorché continua a dipendere da contenuti di esperienza direttamente dati e da condizioni soggettive della capacità di ricezione. I sistemi giuridici che esperiscono concretamente possiedono, un forte legame con i temi dell’esperienza, legame che se pur circoscritto ad un orizzonte relativamente ristretto, esclude un mondo di complessità indeterminato e indeterminabile. Mediante l’astrazione il senso diviene più ricco di alternative, la sua selettività viene ristrutturata. «In un diritto astrattamente concepito si hanno migliori possibilità di integrazione, ci sono più aspettative normative da collocare, ma, nello stesso tempo, vengono presupposti procedimenti di selezione più efficienti che aiutano a colmare la grande distanza che separa le premesse di decisione programmatiche dalle decisioni dei casi singoli » ciò ci porta a colludere che sedimenti di senso consolidano le norme in un contesto interpretativo-esplicativo in modo da renderle tramandabili.
Tralasciando il lungo excursus storico-antropologico con cui la storia del diritto si confronta, prenderemo in esame uno dei passaggi essenziali e delle evoluzioni sostanziali del diritto: il suo divenire diritto positivo, il processo di positivizzazione del diritto. I mutamenti fondamentali dello stile giuridico sono condizionati dal mutamento strutturale della società; ed è proprio tale mutamento che richiedendoli li attualizza rendendoli possibili. Questo assunto lega indissolubilmente il diritto all’evoluzione sociale. «Il diritto positivo vale non perché è consentito da norme superiori, ma perché la sua selettività svolge la funzione di assicurare la congruenza» . A dar valore al diritto è quindi ora una decisione, ed il diritto può essere cambiato solo da un’altra decisione, ciò ne cambia non solo lo stile e la struttura, ma muta anche il livello di senso al quale viene cercata ed assicurata, muta cioè a parità di norme e di singoli concetti giuridici, complessità e contingenza che si ispessiscono. Il diritto quindi ha la propria origine e la propria funzione nel processo di decisione e deve rispondere di eventuali indeterminatezze con argomenti tecnici ed economici, ma comunque deve dimostrare «la sua idoneità a fungere da programma di decisione» . Se il presupposto fondamentale affinché il diritto sia totalmente trasformato in diritto positivo , è naturalmente la costituzione di procedimenti legislativi come componente istituzionalizzata della vita politico-statale, la positività del diritto può essere concepita come aumento della selettività del diritto stesso. Ciò che era costante ed ordinato, e per certi aspetti naturale, ora è percepito come scelta, cioè è istituito. Bisogna allora distinguere un diritto statuito, da un diritto che istituisce un elemento dogmatico, che quindi produce una dogmatica giuridica: mentre il primo si basa sul fatto di essere frutto di una decisione; la seconda, la dogmatica giuridica, risulta essere «statuita sulla base di se stessa».
La sociologia non può accettare l’idea che alla base della dogmatica giuridica vi sia «una fonte del diritto», perché essa comprende e mette insieme tautologicamente quello da cui il diritto sorge, con quello a cui il diritto dà validità. Ovviamente ricorre all’uno per giustificare l’altro, sarebbe un semplice processo auto-referenziale che non risolve il problema. Quando Luhmann, scrive che «il diritto non ha origine dalla penna del legislatore» egli intende mettere in evidenza il processo per cui un substrato normativo persiste alla decisione del legislatore. «La funzione della decisione del legislatore non risiede nella creazione, nella produzione di diritto, ma nella selezione di norme e nell’attribuzione simbolica a tali norme della dignità di diritto obbligatorio. Il processo della formazione del diritto per contro, coinvolge l’intera società» . Non potendo risiedere in un valore stabile come quello della fonte, il fondamento del diritto è legato ad un valore variabile che è la decisione. Se noi dicessimo che il diritto ha validità nella fonte, poi dovremmo dire in cosa ha validità la fonte. Dovremmo forse fare poi una ricostruzione genetico-causale o dovremmo rintracciare in passato la decisione di un legislatore. Per Luhmann, nemmeno il fatto storico è un indizio sufficiente della positività del diritto.
Egli risolve il problema della fonte, scrivendo: «il criterio della positività non risiede nella «fonte del diritto» e neppure nel singolo atto della decisione, ma nella vita del diritto quale si svolge attualmente. Perché il diritto valga come positivo non basta che nella vita giuridica ci sia il ricordo di un atto di legislazione […] ma occorre che il diritto venga avvertito come valido in forza di questa decisione, come risultato di una scelta compiuta tra altre possibilità, e quindi come mutabile. La novità storica, e i pericoli, della positività del diritto risiedono nella legalizzazione dei mutamenti del diritto» . Ponendo immanente al diritto la possibilità di mutamento, si pone in esso anche la consapevolezza che il diritto di volta in volta vigente è il risultato di una prestazione selettiva e da questa prestazione selettiva esso trae la sua validità.
La consapevolezza di tale contingenza è il suo dato primo, il diritto positivo, non può far riferimento a «una preistoria che è impossibile ricostruire», ma esso non viene solo posto (cioè scelto) tra le varie possibilità mediante decisione ma vale in forza di una decisione. La contingenza e la complessità del diritto vengono quindi portate ad un livello molto alto, caratterizzato da presupposti strutturali e possibilità organizzative che spesso entrano in contraddizione. Pensiamo al fattore temporale, il diritto si istituzionalizza come mutabile ma allo stesso tempo ciò non deve pregiudicare la sua funzione normativa. Luhmann conclude: «La positivizzazione del diritto consiste, insomma, in un trattamento contraddittorio delle strutture, basato su una indifferenza del sistema» . La separazione temporale ha il merito di premettere la sopravvivenza di un diritto contraddittorio, proprio per la sua consapevolezza che quello che valeva prima ora non vale più e quello che vale oggi non potrebbe valere domani. Spesso alcune regolamentazioni specie di natura economica, hanno natura momentanea e hanno già in sé il tempo della propria durata. La dimensione propria della regolamentazione, è il tempo al futuro, che permette un mutamento pianificato e anche la previsione di casi particolari prima che essi si realizzino. Dimensione temporale del diritto e dimensione sociale si avvicinano notevolmente. Proprio riducendo la partecipazione del singolo al minimo, possono essere istituzionalizzati mutamenti rapidi e visibili e una diffusione del diritto così ampia. Questo consolidamento ed estensione del diritto, non si spiegherebbe se noi ipotizzassimo che le sue funzioni siano solo quelle del mantenimento di modelli precedenti di interazione o di regolamentazione dei conflitti.
Il problema della positivizzazione del diritto diviene allora la sua congruenza interna, che deve essere bilanciata in modo nuovo, proprio per questo è necessario che allo stesso tempo il diritto, per una trasformazione interna che riguarda il diritto, non può avvenire senza che vi sia indifferenza verso il diritto precedente quindi sulla dimensione temporale, ma anche verso precedenti ordinamenti e leggi, con un inevitabile «abbassamento del livello di pretese di coerenza» . Sia il problema della coerenza interna, dell’incongruenza e dell’indifferenza, si intrecciano al concetto di «riflessività della normazione» per cui un processo si applica prima ed innanzitutto a sé stesso o ad un processo di uguale natura e poi «diventa operante». Il problema della doppia contingenza in ambito del campo della percezione individuale diviene quello della doppia contingenza nel mondo sociale.

3.3. Influenza del sistema mediale sulle aspettative normative

3.3.1 Il confine dell’interazione (tra comunicazione e conflitto)

Di fronte alla contingenza semplice, come abbiamo visto, si formano strutture di aspettative più o meno rigidamente stabilizzate. Di fronte alla doppia contingenza sono necessarie però aspettative di tipo diverso, costruite in modo complesso e su altrettanti complessi presupposti, che come abbiamo visto sono le aspettative di aspettative.

Il comportamento dell’altro non può essere atteso come un fatto necessario, ma deve essere atteso nella sua selettività, come risultato della scelta compiuta dall’altro tra diverse possibilità. Questa selettività viene guidata dalle strutture di aspettative dell’altro. Ci si deve, quindi poter aspettare non solo il comportamento ma anche le aspettative dell’altro se si vogliono trovare delle soluzioni facilmente integrabili e mantenibili per i problemi sociali. Per guidare una connessione di interazioni sociali, non è solo necessario che qualcuno esperisca, ma anche che ciascuno possa aspettare ciò che l’altro aspetta da lui

Ovviamente il problema della doppia contingenza si presenta in modo specifico in tutte le relazioni e interazioni a sfondo sociale. Scrive ad esempio Simmel: «Ovunque gli interessi di due elementi sono rivolti verso lo stesso oggetto, la possibilità di una loro coesistenza dipende dall’esistenza di una linea di confine entro l’oggetto che separi le loro rispettive sfere» Per Simmel con l’instaurazione di rapporti sociali si avvia un rapporto di elaborazione di confini, e quindi i rapporti sociali non separano i partecipanti dalla relazione con il loro ambiente. Per Simmel, in altre parole, essi attraversano gli oggetti in base alla distinzione tra la sfera di influenza dell’uno e la sfera i influenza dell’altro partner: diritti miei diritti tuoi, aspetti che io posso vedere e aspetti che l’altro può vedere. Ritorniamo ad una teoria dell’interazione che precede l’altro in ultima analisi come una black box, in cui essa rappresenta questa volta una sorta di proprietà privata dell’essere interiore, un surrogato di principio morale.
Ma riflettendo alla luce della teoria dei sistemi sull’interazione , ci accorgiamo che i confini sono ben altro che dei limiti di campo. Essi non separano né collegano gli individui tra di loro, ma costituiscono l’ambito sociale del sistema in rapporto a ciò che si configura come ambiente di questo stesso sistema. Luhmann riporta il problema della doppia contingenza interamente entro l’ambito del sistema. «Un sistema sociale [e noi possiamo a maggior ragione pensare al sistema giuridico] è in grado di definire i propri confini di senso in maniera più o meno aperta e permeabile, a patto però di stabilire una serie di regole di selezione al proprio interno grazie alle quali sia possibile accettare o respingere determinati temi» Se come noi abbiamo messo in evidenza, le selezioni si connettono ad altre selezioni, noi siamo di fronte ad un processo di comunicazione. Nel corso delle selezioni in tal modo nasce una rete di ciò che può essere accettato o preteso, una sfera i cui confini attraversano tutto il mondo del senso. E’ proprio questa rete comunicativa, che genera ed intercetta maglie di senso, che allo stesso tempo collegano selezioni di interazioni e trasformano i sistemi psichici in persone. Luhmann definirà a questo punto le persone come «collages di aspettative» che fungono dentro il sistema da punti di riferimento per ulteriori selezioni.

3.2 Un confronto tra il modello di interazione proposto da George Simmel e dalla sociologia classica, e la prospettiva sistemica.

Nelle relazioni tra Alter e Ego vi è un limite oltre il quale i due soggetti della relazione non possono conoscersi. Questo limite attraversa ed è parte anche dell’oggetto che si vuole conoscere, essendo inerente alla natura dell’interazione.

Schema 6. Modello dell’interazione sociale proposto da Simmel e dalla sociologia classica

limite oltre il quale Alter
non può conoscere
Ego e viceversa

Schema 7. Modello dell’interazione sociale proposto da Luhmann

SISTEMA GIURIDICO

regole di selezione
interne al sistema

La proposta di Luhmann, però non è esente da alcune critiche, che riteniamo si possono formulare in due punti:
1) la solidità di tali confini si spiega del resto con il fatto che la riammissione di contingenze totalmente indeterminate è una delle opzioni non tollerate dal sistema.
2) se è vero inoltre che è sempre possibile spostare i confini, ampliare o restringere la sfera di ciò che risulta tollerabile; ma una volta che il sistema ha acquisito una storia,tale possibilità esiste soltanto su singoli punti e per determinati temi in via eccezionale.

Ciò detto, però non significa che la prospettiva di Luhmann sul modello dell’interazione e delle aspettative ad esse connesse non sia carico di sviluppi interessanti, proponiamo un terzo modello che fa entrare in gioco anche il problema del senso. Sia il comportamento conflittuale, sia il comportamento derivante da un accordo, sono guidati dalla struttura delle aspettative, e dipendono dall’aspettativa se dall’altro, inteso come attore sociale, sia da attendersi un comportamento ostile o amichevole. Come già ricordavamo nel I capitolo, le aspettative si sovrappongono in una stratificazione imperscrutabile. «Le indispensabili semplificazioni dell’orientamento devono quindi essere immunizzate contro il rischio di errori» . I sistemi normativi devono rimanere validi e poter svolgere la loro funzione di ristrutturazione nel caso ci sia da gestire la delusione delle stesse aspettative (affronteremo poi più dettagliatamente l’eventualità di delusione delle stesse). Ciò che rimane al centro della nostra analisi è il fatto che i sistemi sociali stabilizzano delle aspettative oggettive, valide, in base alle quali orientarsi in modo impersonale. Le aspettative possono essere espresse verbalmente in forma prescrittive, ma possono anche essere agganciate a determinazioni di qualità, a localizzazioni di azioni; sempre però tramite semplificazioni.

Schema 8 Modelli di aspettative a confronto: il modello della complementarietà di aspettative di Parson e il modello di aspettative di aspettative di Luhmann

Schema 8.1 Modello della complementarietà di aspettative di Parson

azione di A in
merito ai propri interessi e
alle proprie aspettative

conflitto

Il modello di azione in base alle aspettative proposte da Parson, come possiamo vedere dallo schema sopra, introduce la nozione di conflitto dove già nella teorizzazione di Simmel ci trovavamo di fronte alla soglia del confine. Il conflitto sarebbe molto semplicemente uno scontro tra i due universi di aspettative di Alter da un lato, e di Ego dall’altro. Un accordo di complementarietà di aspettative da un lato, o al contrario di divergenza, di scontro, di aspettative dall’altro, determina la dinamica dell’interazione.
Parson quindi coglie solo il procedimento di apprendimento di aspettative complementari mediante sanzione reciproca, ma non coglie la natura soggettiva dell’aspettative né la sua identità specifica. Nella lettura parsoniana la complementarietà delle aspettative diviene conformità dei comportamenti. Non viene visto il rischio e l’errore che invece si può verificare nelle aspettative di aspettative, e quindi la particolarità che l’agente A non agisca per un difendere un proprio interesse ma perché si aspetta da B un comportamento ostile o aggressivo o che lede i suoi interessi. Non vengono così ad essere esaminate le particolari fonti di conflitto e le discrepanze in riferimento alle quali le norme hanno la loro funzione. Questo modello sembra essere evidentemente troppo semplicistico e ricalca la tradizione di studi e teorie che si rifanno ad una concezione hobbesiana della natura umana, concezione quanto più distante possibile dalla teoria dei sistemi e dal pensiero di Luhmann.
Vediamo invece come Luhmann giunge ad un’elaborazione del concetto di norma sviluppando questi dal modello dell’interazione tra sistemi, e senza ricorrere a posizioni aprioristiche e considerazioni sulla natura umana o sul diritto naturale.

Schema 8.2 Modello di aspettative di aspettative di Luhmann, alla base del concetto di norma

azione di A in merito
alle aspettative che ha area del conflitto
delle aspettative di B

Se Alter agisce in conseguenza della previsione di un’azione di Ego è anche vero sottolinea Luhmann, che «il comportamento di un altro non può essere atteso come un fatto necessario, ma deve essere atteso nella sua selettività, come risultato della scelta dell’altro fatta tra varie possibilità. Questa selettività, però, viene guidata dalle strutture di aspettative dell’altro. Ci si deve quindi poter aspettare non solo il comportamento, ma anche le aspettative dell’altro, se si vogliono trovare delle soluzioni facilmente integrabili e mantenibili per i problemi sociali». Nelle società in cui la comunicazione è solo orale , e che trovandosi ad un gradino più basso della segmentazione sociale, non hanno assunto ancora forme complesse, la possibilità di un rifiuto di Alter viene affrontata sulla base della comune esperienza del mondo di Ego, della pressione del consenso dei presenti, del riferimento diretto agli interessati e ai loro riferimenti di senso, valori, dati comportamentali. Fondamentale a questo punto è capire il passaggio che si è avuto con la modernità, che ha cambiato la relazione tra aspettative e interazione normativa. La diffusione e l’ampliamento dei dispositivi di comunicazione a distanza e la loro penetrazione sociale rende improbabile l’accettazione e la strutturazione delle aspettative come nella tradizionale impostazione proposta si da Simmel, sia successivamente da Parson, ma anche la strutturazione teorica semplice di Luhmann come evidenziato nello schema successivo, tende a presentare fattori di criticità. Tenendo conto anche del sistema mediale e della sua influenza nel processo di determinazione delle aspettative e di generalizzazione delle aspettative normative a livello sociale, dovremo prendere in esame, una nuova ipotesi di proposta teorica.

Schema 9. Modello delle aspettative di aspettative e interazione con i mezzi di comunicazione che interpretano e gestiscono le strutture di valori, atteggiamenti, emotività e generalizzazione di senso

Azione di Alter su aspettative
che si aspetta da Ego filtrata dall’interazione
con opinioni e atteggiamenti area del conflitto
prodotta dai media

In quest’ultimo modello possiamo vedere come rispetto alle aspettative di aspettative di Alter, sul comportamento ostile o nemico di Ego, interviene il sistema mediale, che riporta alterandoli, integrandoli, enfatizzandoli, i propri valori e atteggiamenti sociali. Filtrati dalle caratteristiche interne del sistema mediale: spettacolarizzazione, notiziabilità, agenda setting, i valori e gli atteggiamenti sociali, a differenza delle società tradizionali non giungono più ad Alter dall’ambiente circoscritto di riferimento ma dagli stessi media di massa. I media assicurano la generalizzazione simbolica degli stessi, e la costruzione di reti di senso dove andare a collocare questi stessi valori. Facilitando l’osservazione di secondo ordine, come vedremo meglio nel prossimo capitolo, il sistema mediale rientra anche nella sfera della riflessività del sistema o auto-referenza del sistema giuridico. L’interazione e le dinamiche delle aspettative non richiede più una stretta reciprocità un «botta e risposta tra interlocutori» , il diritto può mediare, gestendo sia la semantica delle aspettative, sia lo spazio e la loro pertinenza, tenendo conto anche delle esigenze di comprensione degli interlocutori.

3.4. Delusione delle aspettative e sistemi di riassorbimento del conflitto

Dopo aver visto e delineato le connessioni ed il ruolo dei media nella generalizzazione delle aspettative, nell’evoluzione del sistema sociale ed infine nella struttura stessa del processo di interazione tra Alter ed Ego e le loro rispettive aspettative, possiamo studiare l’intervento del sistema mediale sul problema della delusione delle aspettative.
Se è vero come dice lo stesso Luhmann che «il caso di delusione può condurre allora alla formazione di norme attraverso una normazione successiva» e che «si deve aspettare la nascita del diritto dalle delusioni», è anche vero che è più facile trovare un’altra via di uscita dal problema della delusione.
Inoltre, com’è possibile che di fronte ad un sistema mediale che ripropone continuamente la delusione di aspettative normative, crimini, violazioni di norme, reati fiscali o abusi di potere e regole di mercato, lo spettatore non percepisca la fine delle sue aspettative normative e metta in crisi le stesse?
A livello teorico non si può non immaginare e prospettare la presenza di un Terzo, nel processo di interazione tra Alter ed Ego. La presenza del terzo nel processo d’interazione riguarda e tocca da vicino il problema dell’inclusione e dell’esclusione, ma ancora di più il processo di decisione e la sua semantica temporale.

Diese Paradoxe liegt im Sachverhälnis des ausgeschlossenen Dritten zur Alternative, die es konstruiert, um ausgeschlossen zu sein (=entscheiden zu kömmen) – so wie ein Beobachter nicht die Unterscheidung sein kann, mit deren Hilfe er etwas bezeichnet, sondern sich selbst als blinder Fleck seines Beobachtens ausschlissens muss. Hinzukommt ein Zietproblem. Schon allgemein gilt, dass ein System nur in dem Zietopunkt existiert, in dem es operiert, und dass es dabei von einer mit diesem Zeitpunkt gleichzeitingen (was immer auch heisst: unkontrollierbaren) Welt ausgehen kann. Zietliche Extension ist nur dadurch möglish, dass man die Gegenwart als Unterscheidung, als Einhiet der Differenz von Vergangenheit und Zukunf einsetzt. Und sie eben damit zum blinden Fleck einer sich ins Inaktuelle ausdehnenden Ziet macht. Weil dies möglich ist, kann man die Gegenwart als Zeitpunkt der Entscheidung benutzen, das Nicht-mehr-Änderbare zur Vergangenheit und das Noch- Änderbare zur Zukunft gerinnen lassen und die gleich-zeitige Welt in die Form einer gegebenen Alternative bringen. In bezug auf die Zeithorizonte Vergangenheit /Zukunft kann man sich, weil sie notwending inaktuell sind, selektiv verhalten und mit dieser Selektivität eine Alternative konstruieren, die es ihrersieits dann wieder ermöglicht, die Situation als Entscheidungssituation zu begreifen. Eine Entscheidung kann nur vorkommen, wenn in diser Weise temporalisieret wird.

Innanzitutto il comportamento deludente viene «isolato come eccezione», e nel caso si ripeta e divenga un comportamento standardizzato e quindi inevitabile, esso deve essere il più possibile normalizzato. Luhmann distingue tra uno stato prenormativo ed uno normativo vero e proprio, noi potremmo senza forzare il suo pensiero, parlare di norme forti e codificate, e norme deboli o non codificate, classificate, e spesso nemmeno nominate. Alle norme della vita quotidiana, pensiamo agli esempi ed ai copioni del vivere di Ervin Goffman , vengono applicati motivi di normalizzazione di primo livello. In questi casi la realizzazione delle aspettative ha un così elevato carattere di ovvietà che un’infrazione non viene presa sul serio o viene considerata come non intenzionale. Dietro alla deviazione, non si riconosce in questi casi «nessun interesse umano». Gli sforzi che di solito caratterizzano i tentativi di riportare il deviante verso la normalizzazione, non vengono intrapresi o perché si può considerare il deviante eccentrico, o scostumato fino ad arrivare a dati più importanti come pazzo o mentalmente instabile, ma comunque non si agisce contro di esso. In questi casi l’assorbimento di delusione si adatta alle situazioni individuali del caso singolo, che diviene specifico ed emblematico, e si distacca da qualsiasi interazione su eventi futuri. Nei casi di pre-normalizzazione, né la devianza, né la norma infranta hanno un proprio codice linguistico specifico, la norma non è tipizzata. «La mancanza di una classificazione e di una denominazione ha per conseguenza l’ impossibilità di una “stereotipizzazione”, e non è neppure facile che una pluralità di avvenimenti isolati e sporadici venga esperita come un avvenimento omogeneo e quindi venga avvertita come minacciosa» . Se la delusione delle aspettative deboli, che cioè si presentavano per un grado di ovvietà e quindi si giustificavano per una loro peculiarità sociale, non metteva in moto meccanismi di reazione, ben altro è il discorso per le aspettative che sono specificate e per le quali «si impone la necessità di stabilire preventivamente come si reagisce ad esse». Soltanto a questo punto, sulle aspettative che implicano che si deve decidere, bisogna stabilire come reagire all’aspettative deluse per evitare che si ripeta la stessa delusione in un’aspettative futura, e tener presente le sue concrete particolarità, le possibilità di comportamento e le chances di consenso che essa implica. In altre parole sia per le aspettative che da questo punto in poi si possono distinguere in aspettative cognitive, la cui delusione si può superare con l’apprendimento, sia quelle normative, la cui delusione chiama in causa il sistema giuridico, si formano delle strategie per la riduzione del rischio. «Dopo la delusione la situazione non è più la stessa di prima: è diventato inequivocabile che l’aspettativa era soltanto un’aspettativa» questo meccanismo di svelamento dell’aspettativa, si accompagna alla constatazione che le delusioni delle aspettative portano all’incertezza. Ora «il sistema sociale deve seguire e canalizzare l’assorbimento di delusioni di aspettative». Uno dei meccanismi per assorbire l’incertezza è ignorare la norma. I mass media non possono certo ignorare i fatti che sono socialmente costruiti ed evidenti. Come mette in evidenza lo stesso Luhmann, «un tale ignorare è diretto non ai fatti, ma alla norma: esso protegge la norma da informazioni discrepanti, che la mettono in discussione, e protegge chi è deluso dalla possibilità di reagire. Questa proiezione riposa sulla circostanza che le norme possono essere sradicate non da fatti, ma solo da atti di comunicazione» . Non può certamente essere un altro atto o fatto a fungere da riassorbimento della delusione, ma soltanto la comunicazione di altre possibilità, o di digestione e rimescolamento delle aspettative.
«Una pluralità di violazioni delle norme viene neutralizzata o spogliata delle sue implicazioni simboliche per il semplice fatto che non se ne prenda conoscenza» . Possiamo allora mettere in evidenza, ed in parte ricapitolare, il rapporto tra il sistema mediale-comunicativo e le norme.

Vediamo le funzioni del sistema mediale in merito agli aspetti normativi:
• assorbire la delusione ricollocandola in un universo di senso differente
• gestire e proteggere la norma da informazioni discrepanti che potrebbero renderla ambigua, contraddittoria o incoerente
• dare la possibilità di generalizzare simbolicamente le delusioni
• fornire un’elaborata spiegazione della delusione
• l’avvenimento che ha creato delusione viene isolato, individualizzato e personalizzato
• separare l’avvenimento deludente dalle aspettative.

Iniziamo proprio da quest’ultimo punto. Isolando sia l’avvenimento che l’aspettativa, si rompe la connessione tra il fatto e l’aspettativa normativa collegata, l’avvenimento non deve nuocere all’aspettativa, e soprattutto non deve metterne in discussione la continuità e la validità nel tempo, nonostante la violazione.
Una prima possibilità di spiegazione è trovare come agente esterno fattori che non responsabilizzano nessun attore deviante. La vaghezza di spiegazioni come un complotto indistinto, o forze soprannaturali, vengono proposti dai media per giustificare e non responsabilizzare, ma anche per sviare da possibili prese di coscienza su responsabilità collettive più evidenti. Quando invece si parla di un attore specifico, i media tirano in ballo, l’interiorità del deviante, fattori psicologici, motivazioni di classe, di ambiente e di appartenenza, fino a fattori extramondani, come il «male». Pensiamo a motivazioni come il complesso di inferiorità di colui che agisce, frustrazioni infantili. etc. Spesso i media inventano spiegazioni che potremmo definire, come spesso fa lo stesso Luhmann, come «pseudoscientifiche», non a caso si moltiplicano le trasmissioni televisive, o i dibattiti sui giornali con i cosiddetti esperti, che sono chiamati a spiegare la devianza. Ma certamente la parte più interessante è il processo con cui i media producono stereotipi che di volta in volta vengono attributi alla “burocrazia”, “ai politici”, “alla giustizia”, alla “gioventù di oggi”. I media sanno che una norma deve essere protetta dalla critica. «L’aspettativa deludente viene sanata considerando il fenomeno deludente come irregolare e negativo». Il deluso in questo caso si può salvare in un’aspettativa proiettiva di aspettative, come alla delusione dell’aspettativa violata si ci aspettasse una giustizia futura o a venire.
Nonostante la possibilità di diverse alternative per la scelta delle spiegazioni da dare alle delusioni, la scelta tra di esse non è arbitraria, Luhmann scrive che la devianza può essere neutralizzata soltanto trattandola come «un fatto che non ha valore normativo», per tanto la spiegazione di delusione deve necessariamente ricorrere a fattori sociali di plausibilità cognitiva e dipende quindi dall’orizzonte delle credenze.
«Il complesso di meccanismi che assicura questo risultato, viene da noi denominato come concetto di istituzionalizzazione delle aspettative di comportamento. In tal modo si designa l’ambito nel quale delle aspettative possono essere sostenute dalla supposizione di aspettative di terzi» , rientra in gioco la dimensione sociale della formazione del diritto, i media inducono ad una differenziazione degli interessi normativi da attualizzare. Nelle società complesse esistono figure terze che oltre a Alter ed Ego entrano in gioco nella struttura delle aspettative, come abbiamo messo in evidenza (vedi fig. 20 a proposito della presenza dei sistemi mediali quali manipolatori delle aspettative nelle società complesse contemporanee) nei paragrafi precedenti. Possono essere proprio i media i terzi di questa struttura di relazione ed interazione? Cosa si trova interposto tra il singolo attore sociale e l’apparato-sistema giuridico? «Lo spettatore è un terzo concretamente individuabile, il cui atteggiamento può essere vario e influenzabile, e può mutare con la concreta situazione […] Com’è possibile indurre il terzo a divenire spettatore; cioè a co-esperire attualmente e a comunicare la sua opinione? L’attenzione consapevole è scarsa. I terzi hanno altro da fare. Essi devono essere trattati e motivati, devono essere guidati nel loro ruolo di spettatori ed eventualmente richiesti di un giudizio» . Se quindi Luhmann ipotizza questo ruolo terzo, è facile intuire come questo ruolo oggi sia svolto dai sistemi mediali. Se la stessa funzione delle istituzioni non risiede tanto nel procurare quanto piuttosto nell’economizzare il consenso, intuiamo come i media anticipino con l’aspettative di aspettative tale consenso. I media ragionano su ipotesi, preferiscono anticipare il problema normativo, proporre ipotesi dei fatti e delle infrazioni normative prima che essi giungano ad un dibattimento, prima che ci sia la certezza dell’applicazione normativa. Essi creano l’aspettativa di cosa ci sia da aspettarsi dal comportamento deviante, tanto quanto poi in concreto se ne disinteressano quando esso viene dibattuto, e quindi da essi «poi in concreto non viene più esaminato». Luhmann dice che il vero nodo del problema dell’istituzionalizzazione è: «nella limitata capacità di attenzione. Ogni interazione di sociale richiede la scelta di senso come tema per l’attenzione comune. Ogni senso, però implica più di quanto possa essere esplicato mediante comunicazione» . Ovviamente Luhmann non parla esplicitamente di media e sistema mediale, ma possiamo ipotizzare che questi processi di attenzione selettiva si giochino sugli schermi mediali e sulle pagine della stampa. Per poter agire facendo riferimento al senso si deve poter presupporre che una situazione sia accettata, e che sia possibile svilupparla, inoltre deve essere possibile attribuire ai partecipanti dei ruoli, e che tutti gli attori sociali possono raggiungere il centro di attenzione comune da cui far partire poi una comunicazione. «Alla scarsità di attenzione che può essere rivolta ad un mondo eccessivamente complesso, risale anche un secondo problema, strettamente connesso al precedente: il problema dell’integrazione sociale delle aspettative» . Luhmann pone e si pone domande radicali che sono per la sociologia essenziali per capire il contesto e l’ambiente sociale. Una volta presa coscienza del fatto che il diritto non è più un dato naturale e che questo si fonda su convinzioni comuni, rimangono ancora da risolvere alcune problematiche, come ad esempio fa notare provocatoriamente Luhmann stesso, quando scrivi «chi pensa mai agli articoli del codice civile?» o ancora «quale fatto empirico si ha in mente quando si parla di convinzioni comuni?». A queste domande cercheremo di rispondere proprio nel prossimo paragrafo dove cercheremo di attribuire sia una funzione al sistema normativo nelle società complesse, sia alla sua interazione con il sistema mediale.

3.4.1 Il sistema giuridico come sistema immunitario della società

Luhmann sostiene una tesi gravida di conseguenze teoriche e che mette in relazione il discorso comunicativo con quello normativo, e che tocca il problema del conflitto che ritorna centrale . La tesi di Luhmann è che «il sistema giuridico funge da sistema immunitario della società» . Abbiamo visto precedentemente che la funzione di produrre certezze di aspettive normative proprie, e quindi non ovvie, è la funzione principale del sistema giuridico, ma anche come in vista di aspettative incerte o rischiose esso necessiti di generalizzare aspettative congruenti e quindi normative. Deve essere possibile ricorrere alla certezza del diritto anche se «la comunicazione di determinate aspettative funzionali» risultasse presentare fattori incongruenti e quindi «anche in caso di contraddizione»; «anche se la comunicazione – scrive Luhmann – risulta in qualche caso sfalsata rispetto alla comunicazione normale e possiede valori connettivi diversi» . Da una parte certezza/incertezza del diritto dall’altra la necessità di anticipare possibili conflitti. Una funzione tutta moderna del diritto, che non è più legato alla risoluzione specifica che di volta in volta vede protagonisti il confronto tra Alter ed Ego, ma il prevederne e anticiparne sia prospettive che soluzioni. Rimane sullo sfondo lo schema lecito/illecito che serve «a sviluppare mediante differenziazione un tipo specifico di acquisizione di informazioni» che nelle società complesse è integrato dallo schema secondario consentito/proibito . Se il diritto non serve ad evitare conflitti ma anzi comporta spesso una moltiplicazione degli stessi come possiamo spiegare la sua funzione sociale? Non può essere certo creare e produrre incertezze conflittuali la sua funzione. Non solo il diritto cerca di evitare l’attuarsi violento dei conflitti, fornendo per ogni conflitto forme di comunicazione appropriate, ma anche, appena qualcuno si appella al diritto viene dato un nuovo assetto al materiale su cui si basa la comunicazione. Il diritto ridispone in modo diverso la comunicazione sull’interazione e sul conflitto presente. Esso risponde alla domanda della risoluzione del conflitto ricercando e elaborando forme di comunicazione adeguate. In altre parole, il diritto cerca forme e modi dove andare a cercare informazioni per rispondere alla domanda di conflitto, e ciò lo fa rielaborando testi pertinenti, richiamandosi ad altri casi, cercando dati di fatto in altri prodotti comunicativi, codici, minute, libri, antichi manoscritti. Se il diritto elabora la comunicazione di un conflitto propostagli, cercando altre forme di comunicazione a cui richiamarsi e su cui trovare risposte, possiamo arrivare alla conclusione di Luhmann che «il diritto serve a continuare la comunicazione con altri mezzi». Ma cosa significa che il sistema del diritto è un sistema immunitario e quale tipo di relazione vi è con i sistemi di comunicazione?
Innanzitutto, aumentando le possibilità di comunicazione, aumentano anche le possibilità e le probabilità di una comunicazione contraddittoria, che sappiamo non può essere accettata dal sistema giuridico, che invece, lavora sulle aspettative per dare certezza, stabilità, ed elaborare la complessità del rischio che questo genera. I mass media «accrescono a tal punto la possibilità di pretendere un’accettazione che sarebbe più probabile il rifiuto se il mezzo stesso non prevenisse tale possibilità» . Ogni comunicazione comunica anche il suo rifiuto il suo “no”, il quale mina il consenso che si può avere verso la comunicazione. Inoltre il futuro e la sua semantica temporale produce un attrito rispetto al presente della comunicazione . Gli eventi possono avvenire nel tempo consecutivamente, anche se previsti solo per il presente, possono avere uno sviluppo incoerente o contraddittorio rispetto all’attesa nel presente. Inoltre, pensare alla dimensione del futuro nel presente è l’utilità, ciò che si fa è visto naturalmente come buono nel futuro, ma il suo valore è dato dal futuro dell’azione, dalle sue conseguenze. Potremmo avere di nuovo una contraddizione tra un’azione che risulta buona in un momento ma poi a guardare dalla conseguenze non utile/o inutile, ovviamente senza che il soggetto potesse prevederlo anticipatamente. Dare valore a queste conseguenze come utile/inutile, è successivo all’azione e la ridefinisce , la dimensione temporale, come quella materiale moltiplica le contraddizioni. Ma il vero motore di contraddizione è la concorrenza . Situazioni di concorrenza si verificano tra sistemi, e anche tra sistemi di natura diversa come quello psichico e quello sociale . «Tali situazioni si manifestano ogni volta che un sistema è in grado di dedurre dai propri obiettivi che la loro realizzazione priva altri sistemi della possibilità di realizzare i loro obbiettivi e li ostacola in tal senso» . La concorrenza è sia una spinta al conflitto con altri sistemi, ma anche un limite alla comunicazione e alla cooperazione tra gli stessi sistemi. Anche se nella prospettiva dell’individuo si tende oggi a dare un valore positivo di stimolo e motivazione, è innegabile il suo aspetto negativo, essa è un freno al progresso per certi versi, un disturbo alla concentrazione sulle funzioni operative e all’adattamento all’ambiente, dando luogo a «guerre di trincea prive di movimento»

Schema 9. Elementi produttori di contraddizione nei sistemi sociali e relazione con il sistema immunitario da tali contraddizioni

semantica temporale del futuro

concorrenza consenso

utilità

«Un sistema immunitario può almeno sviluppare una serie di forme in cui l’unità del sistema continua come auto-riproduzione, anche quando il futuro e i concorrenti, l’unità ed il consenso restano irraggiungibili a livello comunicativo» . Le contraddizioni in quanto sintesi costituite all’interno del sistema, sono l’insieme di elementi di senso riuniti sotto forma di incompatibilità, esse producono problemi a cui si deve dare risposta e soluzione, la società si immunizza da esse, le permette, permette la loro coesistenza.
Luhmann rielabora alcuni elementi della teoria dei sistemi, che delineano alcune caratteristiche dell’immunizzazione. Rielaborando tali assunti e confrontandoli con le ricerche dell’immunologia biologica , possiamo delinearli e sintetizzarli in quattro punti principali:

1. Gli eventi immunitari in quanto eventi singoli sono privi di rilevanza più ampia, per essere significativi devono essere raggruppati ed unificati in un sistema e quindi “rafforzati” reciprocamente, parleremo negli organismi viventi di «sistema immunologico» che gestisce i conflitti all’interno del sistema.
2. Ogni complessità di sistema e quindi anche quella immunologica necessita di un condizionamento, devono essere realizzati nessi tra elementi, parleremo di «una rete immunologia» o «connessioni immunologiche».
3. «I conflitti sono contraddizioni divenute operative, divenute comunicazioni» , nei sistemi biologici sono molecole recettori che segnalano problemi e li mettono in relazione per la risoluzione futura.
4. I conflitti in quanto sistemi immunologici sono autopoietici ed auto-riproduttivi, come l’apparato immunitario deve pensare appositi meccanismi che rinnovano e rigenerano i conflitti prodotto dallo stesso sistema organismo.

Conflitti e contraddizioni assolvono anch’essi ad una funzione. Luhmann inglobando la critica classica che si rivolge al funzionalismo, quella di non spiegare il conflitto , spiega che anche le contraddizioni ed in conflitti assolvono ad una funzione sociale, quella di «approntare segnali di allarme mobili e di guidare l’attenzione per i problemi» . La possibilità di respingere un senso prospettato, quindi di rifiutare l’accettazione di una comunicazione, «è legato alle chance che il conflitto si riproduca con un’alta se non cogente probabilità» . Si può dire di no ad una comunicazione quando si sa di poter reggere tale scelta. Ma se come abbiamo visto al punto 2, ci deve essere l’aggregazione e l’organizzazione di eventi immunizzanti ciò non può avvenire parlando di singoli sistemi. E’ necessario che vi sia un’aggregazione sociale di numerosi conflitti affinché il conflitto sussista e si riproduca e rimanga permanente e stabile. I conflitti devono organizzarsi in sistema. Essi agiscono e sono mossi da due strutture interne: la limitazione dei mezzi e l’incremento dell’insicurezza. Queste due strutture interne aumentano la complessità interna al sistema ma sempre entro certi limiti. Non si può ricorrere a tutti i mezzi per risolvere un conflitto, pensiamo al rifiuto della violenza nella nostra società contemporanea, il sistema giuridico condanna sempre il ricorso alla violenza anche se questa potrebbe essere una risposta immunitaria ad un attacco, come anche l’insulto, o altre forme di violenza fisica, psichica, verbale. Non tutti i mezzi possono essere usati in caso di conflitto . L’inclusione di terzi nel sistema conflittuale, magari inizialmente imparziali che poi prendono parte o per l’uno o per l’altro.
Possiamo concludere che il conflitto è un sistema sociale di tipo parassita che sfrutta le contraddizioni della comunicazione e che tende a coinvolgere le risorse del sistema all’interno del quale si è sviluppato . Esso coinvolge risorse al di là delle sue possibilità reali. Il sistema di cui il sistema è parassita lo accetta ma entro certi limiti di possibilità e restrizioni.

Schema 10. Modello del sistema sociale del conflitto

Se anche il conflitto si presenta con una propria autonomia di sistema. Come una sorta di sotto-sistema all’interno dello stesso sistema sociale, possiamo dire che il conflitto diviene funzionale al sistema sociale stesso. Risulterà per tanto evidente la necessità del conflitto proprio al fine di permettere quelle dinamiche dicotomiche di cooperazione e ordine sociale. Resta inteso però che questi però, il conflitto, deve rientrare nella logica e nei limiti che il sistema sociale accetta e stimola. In altre parole, il sistema conflitto viene ad essere assorbito nella logica funzionale della competizione e della concorrenza

Schema 11. Modello dell’interazione tra due sistemi sociali in situazione di conflitto ed intervento di un sistema terzo

SC

Potremmo ipotizzare che il sistema terzo, può essere o il sistema mediale o il sistema giuridico, un sistema per dirla con Luhmann in cui: «terzi inizialmente imparziali che non hanno già in partenza vincoli di solidarietà con una delle parti o con determinanti temi al centro del conflitto, ma che possono, durante gli sviluppi successivi, prendere posizione a favore dell’uno o a favore dell’altro schieramento in causa. Ciò comporta che il sistema sociale conflittuale viene dis-integrato […] si aggiungono così, infatti, le possibilità di portare il terzo dalla propria parte»

3.4.2 Comunicare la devianza: tra l’infrazione della norma ed il meccanismo dello scandalo mediatico

Nel sistema mediale l’infrazione delle norme riveste un’importanza fondamentale. Che si infrangono delle leggi o delle norme morali (scandali) , o anche ultimamente tutta una serie di comportamenti in riferimento al political correctness, il sistema mediale registra, amplifica, elabora. Con il loro annunciare queste infrazioni alle norme «per interessare dei terzi occorre l’allarme» , i mass media possono generare più che in ogni altro modo «un sentimento di coinvolgimento comune ed indignazione». Ovviamente potremmo aspettarci che tale coinvolgimento sia commisurato ed in relazione alla norma infranta, in fondo potremmo pensare era una norma che si limitava ad avere un valore specifico all’interno dell’insieme delle norme che la riguardavano . Invece i media rimettono in gioco la visibilità e la conoscenza della norma, sappiamo che c’è una normalità della devianza normalmente accettata e spesso ignorata nella società. La notizia di infrazione della norma, da’ a quest’ultima un valore aggiunto, una nuova pubblicità e visibilità, fa dà chiaroscuro alla stessa. Spesso i media, danno talmente tanto risalto al fatto normativo, che pongono essi all’attenzione, il focus sulla norma e su suoi aspetti non consoni alla risoluzioni di problemi nella realtà. Ma quali tipi di notizie di infrazione delle norme vengono scelte dai sistemi di comunicazione massmediali? Luhmann risponde che «le infrazioni delle norme vengono scelte come notizie soprattutto quando possono essere introdotte anche delle valutazioni morali» , ovviamente come corollario a questo assunto, vi è il fatto che i mass media hanno un’importante funzione per il mantenimento e la riproduzione della morale. Non bisogna però pensare che essi siano capaci di fissare dei principi etici o anche soltanto innalzare il livello morale della società. Sia in senso positivo, quindi verso una maggiore moralizzazione o in senso negativo, come spesso, molti opinionisti conservatori ritengono, verso un comportamento meno morale o più individualista. I media producono solo una costante irritazione-stimolazione della società e ne riproducono in un certo senso la sensibilità morale «sia a livello morale, che a livello comunicativo» che conduce «ad una specie di disembedding della morale, a discorsi moraleggianti che non hanno alle spalle nessun impegno controllabile» . I media inoltre in casi particolari presentano e rinnovano la morale, ad esempio la spettacolarizzazione di processi contro personaggi pubblici o della vita politica, o delle vittime di ingiustizie, come la stessa creazione mediatica di criminali ed eroi, è possibile proprio perché il ricevente del messaggio non può sentirsi appartenere a nessuna di queste categorie, e proprio perché egli rimane un semplice osservatore.
Egli di volta in volta osserva personaggi della vita pubblica, politici, dirigenti, amministratori di grandi compagnie economiche commettere comportamenti devianti o infrangere le norme, ma egli non assume tali ruoli, non ne conosce le funzioni, non ne conosce i contesti. Pensando di agire informativamente egli è in realtà agito da tale informazione. Le spettacolarizzazioni delle infrazioni avvengono con il meccanismo dell’identificazione del deviante con un attore. Né gli attori, né le azioni , sono dati «come fatti empirici» dice Luhmann, in parte perché i mass media (anche ammettendo che essi avessero una completezza di informazioni sul caso) non possono rappresentare o informare per intero su ogni retroscena, ma soprattutto perché i mass media tendono a costruire le azioni con una comprensione tipizzatrice , cioè “culturalizzando” e “contestualizzando”, attraverso forme già sperimentare e stereotipi, l’agire dell’attore. I mass media rappresentano la devianza secondo canoni, schemi e modelli che sono propri del loro sistema operativo e quindi auto-referenziali. Mentre fanno questa operazione, essi ricostruiscono il concetto di persona, verso cui riproducono l’interesse. Si può capire allora come i media definiscono un contesto normativo e la linea ed il confine tra ciò che è da considerarsi deviante e ciò che non è da considerarsi deviante, sia a livello della devianza forte, cioè per quanto riguarda l’infrazione delle norme, sia per quanto riguarda i comportamenti morali, usi e costumi in determinate situazioni. Dall’azione deviante alla persona deviante, il passaggio che i mass media percorrono e rendono si verifica per rendere necessaria l’identificazione della stessa.

Conclusioni e prospettive

Possiamo concludere affermando, infine, che la soluzione che il sistema politico trova per rispondere alla «necessità di conservare le indeterminatezze strutturali» è «una destabilizzazione delle strutture preposte alla decisione politico-amministrativa, sia del diritto che degli scopi» . Una destabilizzazione pericolosa che si concilia con l’ordine solo soltanto se si garantisce che contemporaneamente queste cause limitate di destabilizzazione siano interne al sistema e non esterne; o possano essere selezionate in modo che vengono ad essere assorbite dal sistema politico, cioè portate al suo interno. Altrimenti, ogni evento sociale esterno potrebbe rovesciare determinate strutture, determinando un caos in cui sarebbe impossibile orientarsi. Questo è un rischio che l’intera società considerata nel suo insieme non può correre. Il futuro dei sistemi politici avanzati europei per tanto sarò ancora e sempre di più una facilitazione della variazione strutturale e dell’adattabilità stessa del sistema, con logiche d’inclusione e di selezione, per rispondere ai due motori dell’evoluzione e del cambiamento sociale che sono: la differenziazione e l’autonomia sistemica.
Altri fattori che possiamo a sua volta individuare come tendenze sociali di lungo corso dell’evoluzione sociale e che vanno a correlarsi con questi ultimi due sono invece tre fattori: la positivizzazione del diritto, la revocabilità dei detentori del potere e la mobilitazione del sostegno politico. In altre parole, l’alta complessità sociale deve essere riconquistata continuamente dal sistema politico e conservata, senza generare eccessive tensioni. Emerge pertanto «l’idea di un opportunismo nel soddisfacimento dei valori», sia chiaro però che questo opportunismo «promette una stabilità nella misura in cui realizza un numero sufficientemente alto di valori fra loro in conflitto, attuando con un ritmo sufficientemente rapido il cambiamento delle preferenze e degli oneri» . Addirittura il sistema deve lavorare e lavorerà alla stabilizzazione di determinate indifferenze e arbitrarietà. Paradossalmente anche la capacità di assorbire conflitti e contraddizioni, è legata a quella di assorbire delusioni.
«I sistemi più complessi hanno una probabilità maggiore di adattarsi ad un ambiente sempre più complesso e hanno quindi anche prospettive migliori di sopravvivere nella loro complessità» . Né la tradizione della filosofica politica basata su un’etica dell’azione, né una dottrina istituzionale delle forme politiche, ad esempio quale sarebbe una dottrina delle forme statali e degli organi statali, hanno saputo comprendere la natura auto-regolativa delle forme politiche.
Mentre per Habermas, viene inteso come dato ormai consolidato: «la fiducia nel discorso razionale in base al quale ogni discorso politico deve legittimarsi» . Riconducendo ogni processo politico alla base di una razionalità dialogica o dialogante dove gruppi e soggetti diversi e che la pensano in modo diverso, possono giungere ad un accordo o ad una scelta. Dando ormai per arrivato a conclusione un processo: «la coscienza storica che si libera dal tradizionalismo d’irriflesse continuità» di confusione tra la morale, la sfera dei valori e la politica, tutt’altro è il discorso e le conclusioni a cui giunge Luhmann. Per questi nella società sempre più differenziata e complessa, contraddizioni e conflitti sono inevitabili e irriducibili ma anche funzionali e quasi necessari al buon funzionamento del sistema sociale nel suo complesso, motore di innovazione e di adattamento del sistema stessa all’ambiente.

Principali scenari futuri
Dal punto di vista pratico ecco i fenomeni sociali che si possono registrare:

1. Alternanze elettorali su base emotiva per assorbire la costante delusione di elettori volubili al di là dell’efficacia o meno delle politiche in atto e di cui si è incapaci di giudicare o vedere il reale effetto.
2. Avvicinamento delle posizioni politiche per intercettare le retoriche di linguaggio e potere politico più convincenti sugli elettori tramite tecniche di sondaggio, monitoraggio e gestione dei temi politici.
3. L’imporsi della retorica de «le piccole patrie» e forme di comunitarismo con alcuni elementi pre-moderni che rispondono a forme esplicite d’opportunità di territorio e di competizione dello stesso con altri piccoli territori. Rivendicazione di più forza politica a sotto-sistemi locali. Maggiore relazione politica tra potere e territorio.

Anzi, il sistema politico porta il conflitto dall’esterno al proprio interno, proprio per poterlo meglio neutralizzare, ma senza mai risolverlo. L’opportunismo dei valori, le pratiche clientelari, le dinamiche amico/nemico, il ricorso ad elementi di comunità, la retorica de «le piccole patrie», e di un localismo che possa contrapporsi ad una globalizzazione subita, a valori comunque tratti dall’ambiente di riferimento degli elettori, sono innanzitutto indispensabili per decidere le identità del sistema elettore, “il chi sono” in un processo di auto-rappresentazione che precede il momento elettorale. Vi è inoltre da dire che la «razionalità dialogante» di Habermas è sempre la razionalità di quello che vince nella contesa e nella discussione. Ogni soggetto, a ben guardare conserva la propria spiegazione razionale.
Inoltre, il conflitto risolto con la non accettazione della scelta da parte di uno dei soggetti coinvolti, senza per questo essere necessariamente violento, è un momento agonistico e per ciò stesso anche regolativo (nel senso che a dettare le regole è il più forte ) della vita politica, dovuto all’inalienabile disparità di forza e di soggetti in campo . Esso inoltre è funzionale alla misurazione della loro capacità di rispondere in modi sempre differenti a nuove e differenti bisogni del corpo elettorale (bisogni reali o immaginari che siano). Il meccanismo che permette alla politica di svolgere questa funzione senza andare incontro a delusioni e criticità nella sua irriducibile capacità decisionale chiesta dall’elettore, è quello della de-responsabilizzazione delle scelte. Infine, il sistema politico evolve e si modifica in modo auto-poietico, in fondo la politica stessa si dà da sola le regole e le modalità del voto (cosa c’è di più auto-poietico della legge elettorale?), rivendicando la propria autonomia e a auto-realizzazione. Questo tipo d’approccio non sottovaluta infine, la dimensione contingente e selettiva dell’azione politica come logica di risposta aperta alle stimolazioni e alle verifiche che si effettuano sul corpo elettorale, ed i suoi temi (il ricorso a sondaggi sarà porterà i vari attori politici ad inseguire ed intercettare aspettative del pubblico individuate tramite monitoraggi e dati statistici.
I confini del sistema politico divengono pertanto porosi, e la competizione tra partiti sarà vinta proprio da chi meglio interpreterà gli atteggiamenti mutevoli di un elettorato stanco e continuamente insoddisfatto di qualsiasi partito al potere.
Vi è da dire, però, come si è cercato di far notare in qualche punto, che rimane in ogni caso qualcosa di sospeso e di artificialmente astratto nella teoria dei sistemi politici , una dottrina che se rimane capace nella sua formulazione teorica astratta di spiegare molti fenomeni politici, riesce purtroppo ad individuare nello specifico pochi. Già alla fine degli anni sessanta, Luhmann, demolisce ogni visione ideologica della politica con largo anticipo sull’avvedersi di tale tipo d’impostazione teorica. La stessa divisione in classe, termine marxista che spadroneggiava nella sociologia europea di quegli anni, viene ad essere considerato desueto per spiegare la società, non perché la società del XXI secolo non sia più divisa in classi sociali, ma proprio perché il processo di differenziazione sociale moltiplicando e rendendo più intrecciati ruoli, sistemi economici, e più osmotici i confini tra il sistema politico ed altri sistemi (ad esempio mentre sembra essersi chiuso il confine tra sistema militare e sistema politico, si è aperto quello tra sistema economico e sistema politico), ha reso non più possibile agli individui sentire la loro appartenenza specifica di classe. Ragionare in termini sistemici, significa ragionare registrando i processi sociali e usando categorie che trovano applicazioni nell’esperienza d’osservazione dei sistemi politici. Comprendere la specificità del sistema politico e svincolarlo da una visione alta della politica e della democrazia come difesa dei valori, o di alcuni valori specifici, ragionare sulla legittimazione tramite sistema elettorale non è un obbiettivo facile della teoria politica contemporanea, ma certamente una sfida che deve tener conto della parcellizzazione sociale, della complessità dei processi e del processo differenziazione sociale, che sono fattori contestuali da cui non si può prescindere. La costitutiva imprevedibilità della politica lungi da essere fattore di stupore diviene nella visione sistemica fattore costitutivo del sistema politico, logica per cui nemmeno il sistema politico stesso può generare previsioni sulle proprie azioni.

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Testi di Luhmann in lingua originale consultati:

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Articoli di Luhmann in rivista:

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Einfuhrende Bemerkungen zu einer Theorie symbolisch generalisierter Kommunikationsmedien, “Zeitschrift ftir Soziologie”, n° 3 del 1974, pp. 236-255, Ferdinand Enke Verlag Stuttgart.
Schematismen der Interaktion, “Kölner Zeitschrift für Soziologie und Sozialpsychologie”, n° 31 del 1979, pp. 237-255, Westdeutscher Verlag, Opladen
Bemerkungen zu: „Selbstreferenz“ und zu „Differenzierung“ aus AnIaß von Beiträgen im Heft 6,1992, der Zeitschrift für Soziologie, “Zeitschrift für Soziologie”, n° 22 del 1993, pp. 141-144, Ferdinand Enke Verlag Stuttgart
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(la data di pubblicazione si riferisce all’edizione citata)

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